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SEMIPRESIDENZIALISMO E RIFORMA COSTITUZIONALE

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1. Seguendo i lavori del recente Seminario Aic (Roma, 28 giugno), una possibile riflessione porterebbe a sottolineare come nel microcosmo dei costituzionalisti, nel quale è dato cogliere le variegate pulsioni culturali e politiche che attraversano il corpo più profondo del Paese, parrebbe conseguito un esteso consenso sulla tesi della compatibilità allo spirito e al testo costituzionale, oltre che allo spirito dei tempi, delle riforme dell’architettura costituzionale relative alla nuova razionalizzazione dell’ordinamento regionale (e locale) e alla riforma del bicameralismo. I persistenti dubbi circa la modalità (più adeguata anche in senso sistemico) di costituzione del nuovo Senato regionale, secondo il modello del Bundesrat tedesco, non costituiscono motivi ostativi veri al conseguimento di un consenso in dottrina e fra le forze parlamentari sulle modalità più adeguate di procedere alla nomina dei componenti della seconda Camera, se per via elettiva o se, al contrario, per via di nomina da parte degli esecutivi regionali. Nel fondo – una volta (e se) risolto l’interrogativo circa la disponibilità delle forze politiche ad una revisione costituzionale funditus dell’attuale assetto organizzativo e delle attuali funzioni del Senato – si tratterebbe di parva materia, quando si consideri l’importante consenso raggiunto sulla proposta del Senato come Camera territoriale, non politica, e sul superamento di un modello che negli anni passati ha molto attratto l’interesse delle forze politiche, del mondo autonomistico e della dottrina – il Senato delle autonomie –, un modello che avrebbe dovuto assicurare rappresentanza costituzionale agli ‘enti autonomi della Repubblica’, per come innovativamente individuati dal novellato art. 114 Cost.

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