SOMMARIO: 1.Introduzione. 2. L'antefatto 3. Il contesto normativo. 4. Le motivazioni della Corte. 5. I complessi scenari aperti dalla sentenza. 6. La pronta soluzione di Google e nuovi ulteriori problemi. 7. Il contesto italiano.
1.Il tema della privacy è stato, negli ultimi mesi, affrontato più volte e sotto diverse prospettive dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
L'8 aprile 2014, la Corte ha, infatti, dichiarato non valida la direttiva Europea del 2006 sulla Data Retention . Questa direttiva era nata sulle ceneri degli attentati di Madrid e di Londra, sulla scorta dell'esigenza di contrastare in modo forte il terrorismo. La direttiva impone agli operatori di telefonia di memorizzare i dati di traffico per un periodo che va da 6 mesi a 2 anni. Il controllo dei tabulati telefonici si è rivelato come strumento particolarmente efficace per contrastare reati come quelli di mafia e terrorismo. Tuttavia, la Corte è intervenuta affermando che la direttiva, richiedendo la conservazione di quei dati, e consentendo alle autorità competenti di potervi accedere, interferisca in modo molto serio con i diritti fondamentali del rispetto della vita privata e di protezione dei dati personali, violando il principio di proporzionalità.
Il 13 maggio 2014, la Corte interviene sul tema privacy e internet affermando che il gestore di un motore di ricerca è responsabile del trattamento da esso effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi. Così, se da una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, l'elenco dei risultati mostra un link verso una pagina web che contiene informazioni sulla persona in questione, questa può rivolgersi direttamente al gestore o in subordine adire le autorità competenti per vedere cancellato il link dall'elenco dei risultati.