All’indomani delle ultime elezioni e delle fasi convulse che le hanno seguite era largamente diffusa l’opinione che fosse necessario procedere ad alcune riforme assolutamente urgenti: il superamento del bicameralismo perfetto con legge costituzionale, il cambiamento del sistema elettorale con legge ordinaria. Invece il Governo in carica ha scelto un’altra via, alla quale è perfettamente funzionale il d.d.l. costituzionale n. 813 che stabilisce un procedimento derogatorio dell’art. 138 Cost.: quella della “grande riforma” o del cambiamento della Costituzione. Tale scelta ha prodotto due effetti. In primo luogo ha determinato il rinvio della riforma elettorale al momento in cui sarà definita la forma di governo, per cui si può affermare che per quasi due anni (considerando i tempi necessari per l’approvazione del d.d.l. n. 813 e della/e successiva/e legge/i costituzionale/i) il Porcellum sarebbe se non giuridicamente, politicamente blindato. Quindi per un tempo indeterminato dovremo tenerci una legge elettorale che è incostituzionale, come già più volte la Corte Costituzionale ha lasciato intendere, ed è antidemocratico, visto che nelle recenti elezioni ha consentito alla coalizione più votata con circa il 30% dei voti, e solo lo 0,3% in più di quella arrivata seconda, di conquistare alla Camera dei deputati il 54% dei seggi. E ciò non in conseguenza dell’applicazione di una formula elettorale maggioritaria, ma grazie all’attribuzione di un premio di maggioranza artificiale che prescinde dalla necessità dell’ottenimento di una percentuale minima di voti da parte della coalizione arrivata in testa.