1.- Muoverei da un’affermazione impegnativa e volutamente provocatoria: visto che la filosofia del linguaggio, gli studi di linguistica comparata, le neuroscienze, la storia, tutte - insomma - le risorse analitiche a nostra disposizione ci dicono che il rapporto tra lingua e identità individuale e sociale è strettissimo, non vale la pena che su questo rapporto i giuristi continuino ad interrogarsi. E più produttivo, dunque, darlo per scontato e chiedersi, semmai, cosa sia opportuno fare, nella prospettiva del diritto, perché funzioni nel modo più corretto.
La piena consapevolezza del rapporto, del resto, ha trovato espressione anche in importanti arresti giurisprudenziali. Mi limito a citare soltanto una recente sentenza della Corte costituzionale (la n. 88 del 2011), nella quale si afferma che “la lingua [è] un elemento di identità individuale e collettiva di importanza basilare” e la costante giurisprudenza della cassazione penale, che, postosi il problema del diritto dell’imputato alla traduzione degli atti e delle udienze del processo nella lingua materna, ha affermato ch’esso è radicato nel presupposto che, se venisse compromesso, sarebbe compromessa la stessa identità dell’imputato.
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