Il referendum consultivo cittadino sul finanziamento comunale alle scuole di infanzia private, che si è svolto a Bologna il 25-26 maggio scorsi, ha avuto larghissima eco nel dibattito pubblico a livello nazionale, rappresentando quindi un caso unico per questo tipo di consultazioni popolari. Ciò può apparire singolare, trattandosi di un referendum con valore solo consultivo e per giunta confinato all'ambito cittadino. Altrettanto singolare può apparire il fatto che il referendum abbia coinvolto proprio una città nella quale da anni l’amministrazione comunale, a fronte di un finanziamento relativamente esiguo devoluto alle scuole di infanzia paritarie, investe somme enormemente superiori per la scuola di infanzia comunale sopperendo allo scarso sostengo dello Stato in tale ambito, tanto da costituire un punto di eccellenza nel panorama scolastico nazionale. Tuttavia, il referendum ha toccato un tema che da sempre – già ai tempi dei governi liberali del Regno d'Italia, passando per il regime fascista e coinvolgendo animatamente anche l'Assemblea costituente – ha rappresentato nell'ordinamento italiano un nodo critico nel controverso rapporto fra Stato (laico) e autonomie funzionali (in questo caso gli istituti di istruzione privati, in larghissima maggioranza cattolici) e ha assunto quindi un’importanza che travalica i confini comunali.