Il Parlamento che discute dell'epoca liberale, espressione della rappresentanza politica come scelta e governo dei migliori, svolge un controllo di tipo individualistico, espressione diretta e continua della funzione rappresentativa. Il Parlamento dello Stato democratico e sociale dell'epoca del fordismo è espressione di una rappresentanza politica fortemente segnata dal ruolo dei partiti e in questo nuovo contesto il mandato rappresentativo del singolo parlamentare (l'anima del controllo nel Parlamento liberale) viene assorbito nel mandato conferito dagli elettori al partito sulla base del programma da questo annunciato. I programmi dei singoli partiti di maggioranza si fondono nel programma di governo; il programma di governo diventa il parametro del controllo e il controllo diventa lo strumento per verificare la conformità dell'azione del Governo a quel parametro e la misura del controllo è la sanzione della sfiducia, ossia la rottura dell'accordo di maggioranza che sostiene il Governo. Questo spiega perché in Italia la dottrina costituzionalistica largamente dominante, specie a partire dagli anni 70, tende a non considerare il profilo rappresentativo delle attività di controllo e a focalizzarsi sul meccanismo parametro-verifica-sanzione. Oggi, a seguito delle trasformazioni che la rappresentanza politica ha subito e subisce per effetto della fine della società fordista e quindi dei fenomeni epocali della digitalizzazione, della finanziarizzazione e della globalizzazione dell'economia, il controllo parlamentare tende a sganciarsi dalla rappresentanza politica e a porsi come controllo-valutazione, tende cioè a vigilare affinché decisioni, politiche e linee di azione di altri soggetti siano di “buona qualità”.