Ancora una volta il “treno delle riforme” si è fermato su di un binario morto.
Dopo mesi di confronti politici e non solo, di estenuanti ripetitivi dibattiti, di commissioni di esperti “saggi” e, ancor di più, votazioni delle Camere consumate sul disegno di legge governativo (ddl n. 813 e modificazioni integrative successive, presentato al Senato della Repubblica nel giugno scorso…) con indicate revisioni costituzionali ed elettorali, nel tanto magnificato “crono-programma” dei lavori e tempi parlamentari per una assai discussa “deroga una tantum” della via maestra dell’art. 138 Cost., ora, si azzera tutto. E in sede di confronto parlamentare si parla, disinvoltamente, del nuovo inizio!
Mentre l’onda lunga della crisi stritola il Paese, dopo oltre trent’anni di inconcludenti buchi nell’acqua per l’innovazione efficace del sistema politico e delle istituzioni principali nazionali e territoriali, si ritiene utile annunciare ancora una réformette che comunque non intacca la sostanza della forma di governo, ma intende correggere solo alcune apparenti distorsioni del bicameralismo perfetto e gemellare, riducendo il numero dei parlamentari, intervenendo sulle competenze Stato/Autonomie locali; questo nella fiduciosa aspettativa di comporre una legge elettorale che risolva i nodi politici, dopo la decisiva pronuncia dei giudici costituzionali sui vizi di illegittimità del Porcellum.
Insomma, “una manutenzione”, invece di un ben più profondo, incisivo e subito percorribile cambiamento per dare all’Italia una cornice politico-istituzionale di adeguata trasformazione, in grado di vincere l’impasse.
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