SOMMARIO: 1. La vicenda all’origine dell’affaire Cusan et Fazzo c. Italie. – 2. La decisione della Corte di Strasburgo. – 3. La tutela dell’unità familiare e il principio di uguaglianza dei coniugi. – 4. Il diritto al nome e la tutela dell’identità personale: il ruolo dei giudici amministrativi ed un paradosso. – 5. La disciplina che regola l’attribuzione del cognome familiare in alcuni ordinamenti stranieri. Un rapido esame delle esperienze d’oltre confine. – 6. Osservazioni conclusive.
1. La vicenda all’origine dell’affaire Cusan et Fazzo c. Italie
Con la sentenza del 7 gennaio 2014, requête n. 77/07, la Corte europea ha condannato l'Italia a causa dell'impossibilità di derogare alla regola dell'attribuzione del cognome paterno ai figli legittimi anche laddove vi sia una diversa volontà concorde dei coniugi, ritenendo tale regola basata su una discriminazione fondata sul sesso dei genitori. Con questa pronuncia la Corte di Strasburgo ha accolto la richiesta di due coniugi milanesi che, di comune accordo, avevano richiesto di attribuire alla loro figlia il cognome materno in luogo di quello paterno ma che avevano incontrato il rifiuto dell’ufficiale di stato civile.
La decisione della Corte europea ha messo fine alla lunga battaglia, promossa dai coniugi Alessandra Cusan e Luigi Fazzo e iniziata il 26 aprile 1999 con la nascita della loro figlia primogenita Maddalena. I due genitori si erano visti respingere dall’ufficiale di stato civile di Milano la richiesta di iscrizione della figlia con il cognome materno in luogo di quello paterno. A seguito del rigetto della richiesta e dell’iscrizione della bambina con il cognome paterno, i signori Cusan e Fazzo presentavano ricorso avverso tale decisione innanzi al Tribunale di Milano e successivamente, visto l’esito del primo grado di giudizio, alla Corte di Appello di Milano , la quale a sua volta confermava la sentenza di primo grado e respingeva la richiesta di sostituzione del patronimico.