SOMMARIO: 1. Il metodo e l’obiettivo. – 2. Segnaletica costituzionale. – 3. Il paradigma della finalità secolarizzata della rieducazione. - 4. L’abolizione costituzionale della pena di morte e la sua portata epistemologica. – 5. La clausola di salvaguardia del divieto di pene inumane – 6. «Pene», «detenzione» e altre forme di «restrizione della libertà personale» (ovvero: contro il monopolio della pena carceraria). - 7. Paradigma rieducativo e tutela giurisdizionale dei diritti del detenuto. – 8. Il nuovo statuto costituzionale degli istituti di clemenza, individuale e collettiva. - 9. La via italiana alla clemenza atipica. – 10. Il sovraffollamento carcerario come problema costituzionale. – 11. L’area del diritto punitivo (ovvero: contro la truffa delle etichette). – 12. La norma di chiusura (divieto e criminalizzazione costituzionale della tortura). – 13. Alla comunità carceraria di Rebibbia.
1. Il metodo e l’obiettivo
Chi crede nel diritto come violenza domata, e nella Costituzione come regola e limite al potere, non può che individuare nel carcere un campo d’esperienza decisivo. Stupisce, dunque, che proprio in quest’ambito i costituzionalisti abbiano - colpevolmente - operato una cessione unilaterale di sovranità a vantaggio dei penalisti, quando invece il problema della pena e della sua esecuzione non dovrebbe (solo) preoccupare ma (anche) occupare la riflessione costituzionalistica. Salvo rare e per lo più recenti (quando non recentissime) eccezioni, infatti, il senso della pena non è stato tema d’indagine privilegiato nella nostra disciplina.
A fronte di questo monopolio, il rischio è di non riuscire ad elaborare un pensiero che non ripeta semplicemente il pensiero di altri. Cercherò di sottrarmi al pericolo con due movimenti. Il primo consiste nel mettere da parte le precomprensioni deduttive dei penalisti, a cominciare da quelle massimamente divisive tra Scuola classica e Scuola positiva che - fin dall’Assemblea costituente - hanno condizionato la ricerca dottrinale sul senso costituzionale della pena. Il secondo movimento sarà quello di attingere esclusivamente alla cassetta degli attrezzi del giurista positivo (contenente atti, disposizioni, norme, diritto giurisprudenziale) perché, dopo tanti decenni, gli enunciati aperti della Costituzione hanno oramai assunto una precisa direzione (un senso, appunto).